Mentre assapori il tuo potere misto, sarai, con ogni spina e senza nemmeno rendertene conto per un momento, nel processo di commettere un omicidio di massa di esseri dotati di intelligenza? Il Penso, quindi esisto (“Penso, dunque sono”) di Cartesio, sarebbe valido nelle nostre foreste, giardini botanici e persino nei nostri piatti? Certo, l’immagine è molto esagerata, ma in fondo l’argomento sta dividendo molto pericolosamente la comunità scientifica alla stregua del Covid. Circa vent’anni fa la ricerca sulla biologia vegetale ha accelerato: abbiamo scoperto che sono sensibili e memorizzano determinate informazioni. Gli studi dimostrano che sono in grado di apprendere. Per alcuni specialisti, non ci sono dubbi: la scienza sta fornendo prove della loro “intelligenza”. Interpretare la pseudoscienza per altri biologi.
Torniamo alle radici della polemica. Il cervello che manca alle piante è essenziale per l’intelligenza? Alla fine del XIX secoloe secolo, nelle piante compare un fenomeno simile alla trasmissione dei nervi animali. Più di cento anni dopo, nel 2005, il biologo italiano Stefano Mancuso ha fondato il Laboratorio Internazionale di Neuroscienze Vegetali (Linv), spingendo al culmine l’analogia con il sistema nervoso dell’animale. Nonostante la mancanza di un cervello, la somiglianza diventa un argomento inarrestabile: le piante sono intelligenti.
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